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Dear Esther: il gioco che non si gioca

Negli ultimi anni il videogioco ha assunto una propria dignità artistica e anche se gli sviluppatori tripla A in grado di creare delle esperienze ludiche veramente profonde sono pochissimi, per non dire nessuno, il mondo degli indie si è subito dimostrato estremamente ricettivo in tal senso. Complici investimenti sicuramente minori, gli sviluppatori indie hanno deciso di puntare non tanto sulla componente tecnica, ma piuttosto sul gameplay vero e proprio e sulla narrazione, componenti che spesso vengono messe in secondo piano nel mercato di massa. La possibilità di distribuire i propri giochi in Digital Delivery a pochi spiccioli, senza preoccuparsi di costi di distribuzione e marketing, ha poi permesso anche al più piccolo degli sviluppatori di emergere e crearsi la propria nicchia di fan.

Dear Esther è proprio uno di questi titoli e nasce come mod amatoriale per Half Life 2 realizzata con il Source Engine, noto e ormai storico motore grafico di Valve. Visto il successo della mod in questione gli sviluppatori hanno poi deciso di rendere il gioco stand-alone e di distribuirlo attraverso la piattaforma Steam. Con un investimento di appena 7 euro, o 3,50 euro se si approfitta delle offerte di Steam di questi giorni, vi porterete a casa un’esperienza ludica che saprà di sicuro emozionare e far riflettere quelli che da un videogioco si aspettano quel qualcosa in più. Un’opera di questo calibro può essere paragonata a uno di quei film d’autore che a fronte di budget ridotti all’osso affrontano temi che invece stanno su tutt’altro piano. Un gioco non per tutti quindi, perciò valutate con molta attenzione l’acquisto se siete amanti di Call of Duty e compagnia bella.

In Dear Esther vi troverete fin da subito sulla costa di un’isola abbandonata con le poche strutture che vi si trovano ormai distrutte dalle intemperie. Davanti a noi solo un vecchio faro. Nessun indicatore, nessuna mappa, niente di niente: solo noi, il rumore del vento e la vastità di un isola che ha molti più segreti da rivelare di quanti si pensi. La visuale è in prima persona e le uniche azioni che ci è concesso di compiere sono muoverci con i tasti direzionali, spostare la visuale col mouse e zoomare con il tasto sinistro.

Fatti pochi passi in direzione del faro, la voce narrante che ci accompagnerà durante tutto il corso del gioco ci accoglie con un criptico messaggio che inizia con le parole “Dear Esther…”, da cui il titolo del gioco. Chi sia il narratore, chi sia Esther, chi sia il protagonista non ci è dato di saperlo; starà a noi cercare di capirlo interpretando le scritte, i messaggi e gli oggetti che innumerevoli incontreremo durante l’esplorazione dell’isola. L’esplorazione di questo grigio e desolato ammasso di roccia in mezzo al mare costituisce il vero e proprio fulcro di tutta l’esperienza. Infatti è proprio attraversando degli hostspot sparsi in giro per l’isola che la voce narrante ci fornirà ulteriori dettagli utili a intrecciare le fila di una storia struggente e malinconica.

Credo di non sbagliare se dico che Dear Esther è l’unico videogioco che mi ha fatto riflettere su ciò che stavo osservando e sentendo e che soprattutto ha risvegliato la mia immaginazione stimolandomi con continue domande che saranno poi destinate a non trovare mai una risposta certa. Ogni tanto è bene staccare da quelle esperienze belle e pronte che generalmente offre il videogioco medio. Aiutano la ricerca e la riflessione delle musiche sublimi o anche solo dei semplici suoni ambientali che in concerto con il paesaggio offrono un’esperienza mistica e onirica allo stesso tempo. Giunti alla fine ognuno si sarà fatto la propria idea, avrà sviluppato la propria personalissima interpretazione del tutto e il bello è che questa interpretazione è solo una delle tante, nessuna delle quali può definirsi giusta o sbagliata. Un finale a dir poco sublime, che non faccio fatica a definire come il migliore che abbia mai visto in un videogioco, coronerà un’esperienza che sono sicuro rimarrà nei vostri pensieri per più di quell’ora e mezza necessaria a completare il gioco e magari molti di voi sentiranno il bisogno di ricominciare, per rivedere, risentire e rivivere quella storia che li ha affascinati a tal punto.

Non c’è molto di più da dire perchè questo è tutto quello che il gioco ha da offrire e scusate se è poco. Semplicemente giochi milionari se la scordano una profondità e uno spessore del genere. Fatevi un favore, compratelo.

Nota: Dear Esther è disponibile solo in inglese, tra l’altro molto complicato da capire. Per chi non si sentisse a proprio agio con la lingua d’Albione esiste una patch ufficiale che traduce i dialoghi in italiano. L’italiano che l’autore dei sottotitoli utilizza è molto ricercato e raffinato e soprattutto si rifà al modo di scrivere del ‘700 – ‘800. Non spaventatevi quindi di fronte a verbi senza l’acca davanti o che semplicemente non avete mai sentito, i testi non li ha scritti un bimbominkia analfabeta.

Oh, quanto Godus!

Lei sì che Godes!

Non è molto che su questi lidi ci siamo trovati a parlare di Peter Molyneux, il noto game designer anglofono che la maggior parte di noi conosce per aver di punto in bianco abbandonato Microsoft e i suoi milioni per fondare una software house da 4 soldi: 22 Cans. Dopo quel capolavoro, assolutamente privo di bug, che risponde al nome di Curiosity: What’s inside the cube?,  Molyneux si è avventurato in maniera del tutto prevedibile lungo la strada ormai fin troppo battuta di KickStarter per farsi finanziare il prossimo gioco. Manco a dirlo Molyneux è convinto che si tratterà del gioco più “astonishing” della storia dell’unimondoverso. Perchè non credergli, dico io?

Il titolo in questione ai chiamerà Godus. … … … Godus … … … ma che c’avrà avuto per la testa il nostro pelatino nell’attimo in cui ha concepito il nome? Le alternative più probabili sono le seguenti:

  1. Pensava alle donnine mentre si trovava chiuso in qualche stanzino di casa sua;
  2. Pensava ai bei tempi del liceo quando studiava latino, ma poi si è ricordato di non averlo mai studiato e parole come Popolous e Godus non significano una beneamata minchia;
  3. E’ stato colto da deliri improvvisi di onnipotenza e si è messo in testa che la sua software house è composta da degli dei dell’olimpo in pensione. Infatti Godus è l’unione di God, che vuol dire Dio, e us, che vuol dire noi, ma nel senso noi, ma nel senso loro.

Io propendo decisamente per la prima ipotesi. La descrizione del progetto sulla pagina ufficiale di Kickstarter invece indicherebbe come più probabile la terza alternativa. Godus infatti sarà un God Game con qualche elemento da dungeon crawler in uscita su PC e mobile. Come sostiene lo stesso Molyneux si tratterà di un incrocio fra Popolous e Dungeon Keeper, cioè uno di quei miscugli improbabili che hanno decretato la rovina di decine di giochi negli ultimi anni (qualcuno ricorda Brutal Legend?).

Per ora ci si deve acconterare di questa criptica immagine

Ma un presunto dio come Molyneux quanti dindini chiede per realizzare il suo altrettanto divino progetto? 450mila cucuzze, ne più ne meno. Non tanti se si pensa alla gigantesca grandiosità di quello che dovrebbe essere il gioco finale. E poi c’è lui, il Dio, Molyneux. La gente per lui è disposta perfino a vendere la casa. D’altronde se personaggi come Tim Schafer e Jane Jensen ci hanno raccolto i milioni, Molyneux dovrebbe perlomeno raccogliere qualche miliardo. Sarà così?

Forse il gallo questa volta dovrà abbassare un po’ la cresta. L’autoelettosi dio dei game designer ha infatti raccolto in poco più di una giornata “solo” 75000 dollari. Cioè, che delusione! Neanche un milioncino? Neppure un misero mezzo milioncino? Molyneux ci ha deluso. A parte gli scherzi, se siete della brava gente e ritenete di avere un buon cuore vi prego di preordinare il gioco per soli 15 dollarozzi che sennò l’immenso ego del buon Peter potrebbe sprofondare e con lui potrebbe trascinare l’intera game industry. A ben guardare la raccolta fondi termina proprio il 21 di Dicembre. Vuoi vedere che i Maya avevano già captato la catastrofe?

Pagina Kickstarter del progetto: http://www.kickstarter.com/projects/22cans/project-godus

Arriva l’inquisitore

Anche se la situazione sembra stia radicalmente cambiando, in Italia il mondo dello sviluppo di videogiochi fatica a decollare. Perciò quando un progetto videoludico completamente italiano, per quanto “piccolo” e con poche pretese, si affaccia sul mercato, mi sembra sia d’obbligo almeno per noi connazionali accoglierlo a braccia aperte, dimostrare il nostro interesse, parlarne su forum e blog e se possibile anche giocarlo. Questo per dimostrare che anche in Italia l’interesse verso il medium videogioco c’è e l’utenza è pronta a supportarlo.

Quest’oggi voglio parlarvi di Nicholas Eymerich, che no, non è il nuovo portiere dell’Olanda e neppure l’anagramma di Voldemort, ma il protagonista di una nuova serie di avventure grafiche, il cui primo episodio, la peste, verrà pubblicato il 19 Novembre in DD (digital download) su pc/mac e in versione mobile per iOS e Android.

Eymerich

Eymerich in tutto la sua stitichezza potenza!

Come avrete certamente capito leggendo l’introduzione da paladino della patria che ho fatto, Nicholas Eymerich, inquisitore: la peste, (puff! pant!) questo il titolo completo, è un’avventura grafica completamente made in Italy realizzata dagli altrettanto italianissimi TiconBlu.

Forse però non sarebbe corretto considerarli italianissimi… cioè lo sono, ma tipo hanno sbagliato secolo in cui nascere, perchè la caratteristica più interessante e innovativa del gioco che farà certemente la gioia di ogni liceale d’Italia (me compreso) è il doppiaggio e il sottotitolaggio (si dice così?) che saranno completamente in latino!

Urla, applausi, grida di acclamazione! Cioè, si parla del primo gioco in latino della storia, micacazzi! Chi però fatica a prendere il 6 in latino (me non compreso) non si spaventi, potrà godere lo stesso del doppiaggio italiano o in alternativa del sottotitolaggio italiano del sottotitolaggio latino.

Ma perchè proprio il latino? Probabilmente per soddisfare il noto principio del famolo strano, ma anche e sopratutto perchè il gioco sarà ambientato nei duri anni della lotta all’eresia, anni in cui bruciare un uomo in più o in meno non faceva poi tutta questa grande differenza. Eymerich è il nemico numero uno dell’eresia e di Satana: un inquisitore. Non proprio il tipico bonaccione da videogioco insomma. Già questo basterebbe per rendere il gioco almeno nelle intenzioni abbastanza interessante.

La trama è molto semplice. Ecco come la presentano gli stessi sviluppatori:

Eymerich viene chiamato ad investigare su oscure vicende avvenute nel sud della Francia. Sulle tracce di un confratello scomparso, la sua ricerca lo condurrà in villaggi di appestati, covi di eretici, boschi infestati da presenze demoniache e abbazie che non sono ciò che sembrano. Lo guideranno determinazione, intelligenza affilata come un coltello, la fede in Dio, ma soprattutto… la mano del giocatore!

Come da tradizione per ogni avventura grafica, ci saranno enigmi da risolvere, misteri da svelare e altri centocinquanta sinonimi simili. Il tutto condito anche da una vena nostalgica.  Il gioco infatti può essere giocato attraverso comandi testuali, che adesso tutto quello che fa anni ‘80 è troooppo di tendenza.

Unica pecca per ora sembra essere la grafica, molto povera di texture e molto slavata. Anche il doppiaggio non sembra far gridare al miracolo. Ma ehi, queste son cose che verranno valutate all’atto pratico.

Ricordo infine (anche se avrei dovuto farlo all’inizio) che il videogame è tratto da alcuni libri di Valerio Evangelisti, che personalmente non conosco (recupererò, promesso!). No, che poi non succeda che andate in libreria, vedete un libro su Eymerich e poi pensate: “Toh, guarda! Hanno già fatto il libro del videogioco!”.

Al 19 Novembre per la recensione completa! (Chi non la legge è un inquisitore).

Sito: eymerich.it

La morte del PC

E’ veramente incredibile come siano sempre i giocatori PC a lamentarsi di tutto. Un gioco esce un pò in ritardo rispetto alla versione console? Insulti, bestemmie e sputi. Un gioco esce in contemporanea ma con la stessa grafica di un gioco console? Attacchi terroristici, pacchi bomba e minacce di morte. Un gioco non ha i server privati? Parte il flame infinito su tutti i forum del mondo. Insomma, i giocatori pc sono più o meno paragonabili agli “ultras” del calcio. Non tutti ovviamente, ma una buona parte di loro ha maturato una certa invidia verso il giocatore console, che spesso si ritrova fra le mani giochi e esclusive di un certo peso: vedi ad esempio Halo su Xbox o Uncharted su Ps3 . Il tipico giocatore PC si sente quindi bistrattato e sostanzialmente ignorato dall’industria del videogames, considerato quasi un giocatore di serie B. Forse, anzi sicuramente è così, ma ci sarà pure un motivo no? C’è eccome e a mio parere giustifica appieno il trattamento che le software house riservano al giocatore di questa piattaforma. Osservate un attimo questi dati raccolti da TorrentFreaks:

1.Crysis 2 (3,920,000)

2.Call of Duty: Modern Warfare 3 (3,650,000)

3.Battlefield 3 (3,510,000)

4.FIFA 12 (3,390,000)

5.Portal 2 (3,240,000)

Che cosa saranno mai quei numeretti a fianco dei giochi? Le copie totali del gioco vendute? Il numero di bomboloni alla crema inghiottiti da Giuliano Ferrara in 20 minuti? No, sono le copie del gioco scaricate attraverso torrent nel corso del 2011. Se considerate che in questa generazione i giochi per essere considerati un successo commerciale devono vendere almeno un milione di copie, capirete che quei “numeretti” sono in realtà mostruosi. Per curiosità mi sono recato su Vgchartz, portale in cui sono elencati i dati di vendita di ogni videogioco, e sono andato alla ricerca del numero di copie di Crysis 2 vendute su PC in tutto il mondo a partire dalla sua uscita. Il risultato è spiazzante. Solo 490.000 copie a fronte del milione su Xbox 360. Confrontando questi dati con quelli sopraesposti e facendo un rapido calcolo, risulta che per ogni copia di Crysis legittimamente acquistata, 8 ne sono state scaricate da internet. In confronto i numeri di giochi piratati su Xbox 360 sembrano un’inezia.

I giochi Xbox 360 più scaricati su BitTorrent nel 2011
1.Gears of War 3 (890,000)
2.Call of Duty: Modern Warfare 3 (830,000)
3.Battlefield 3 (760,000)
4.Forza Motorsport 4 (720,000)
5.Kinect Sports: Season Two (690,000)

Alla luce dei nuovi dati è quindi giusto che  le software house mettano in secondo piano il giocatore PC rispetto a quello console? Assolutamente sì. Suvvia, siate sinceri, non fareste anche voi così? Se un vostro amico inizia a pizzicarvi 365 volte all’anno non inizierete a stargli lontani e a ignorarlo? Questo è quello che più o meno accadrà al mercato PC da qui a qualche anno, quando vedremo titoli tripla A come un Batman, un Gta e perfino uno Skyrim diventare improvvisamente esclusive console. Non mi stupirei se anche gli sviluppatori indie si spostassero in massa a sviluppare su altre piattforme come in parte sta già succedendo ora (Minecraft vi dice nulla?). A quel punto, caro giocatore PC che scarichi centinaia di giochi all’anno, spero che tu ti guardi allo specchio e che tu veda quanto la tua faccia somigli a una grossa…

Perchè alla fin fine al PC ci tengo.